Una gita breve e facile, che non affronta gli impervi sentieri del promontorio di Punta Bianca, ma che offre begli scorci sulla falesia e un posto ideale per il picnic.

Discesa a Punta Bianca

Lasciamo l’auto in Strada Punta Bianca (ad Ameglia) dove termina l’asfaltata e procediamo sulla sterrata tra gli alberi.

Un solo brivido nella calda giornata ottobrina: una targa su un muro di pietra ricorda la fucilazione di 15 militari italo americani nel ’44. Cominciamo bene, mormora Riccardo.

Al bivio prendiamo la discesa a sinistra (434), tralasciando poco dopo il sentiero a destra con indicazione Punta Bianca e “pericolo frane”.

Dopo aver sfiorato un bunker (non lo esploriamo, abbiamo già fatto il pieno di postazioni militari alle batterie!), all’ultimo dei tornanti, arriviamo in vista del lato est di Punta Bianca.

Punta Bianca

La bella falesia si tuffa candida in mare, tra gli scogli bianchi e neri. In cima la macchia mediterranea scherma i sentieri che l’attraversano.

Angelo prosegue sul sentierino tra i sassi, convinto di poter circumnavigare Punta Bianca a piedi (ma scoprirà presto che non è il caso!).

Nel frattempo, noi scendiamo sul lastrone di roccia a sinistra, da cui si può ammirare con calma la punta e godere della brezza marina. Una goduria. Qualche bagnante e un pescatore ci fanno compagnia.

Scoprirò poi che anche il lastrone dove siamo è “Punta Bianca”…

Rifugio Paradiso

Più tardi, risaliamo per la stessa strada e torniamo al primo bivio dove stavolta prendiamo la leggera salita a sinistra (non indicata).

Pochi minuti di sentiero ben tenuto e attrezzato con parapetto di legno nuovi, e ci ritroviamo in una radura speciale. Ci sono un’amaca (comodissima), una canoa (vincitrice di un mondiale sul lago Titicaca, scritto Chiticaca, cos’è, uno scherzo?), casette per uccelli, tavoli e panche ombreggiate.

La madre di tutte le radure da picnic!

Mentre ci litighiamo l’amaca, un passante con cagnolino e aria sicura s’intrufola tra gli arbusti sulla destra, in un sentierino non indicato. Inutile dire che lo talloniamo… Qualche passo e siamo in un posto originale.

L’inseguìto è piazzato su una comoda sdraio in un belvedere (vista sulle isole Palmaria, Tino e Tinetto), circondato di sculture e oggetti improbabili… mulini, castelli, fari, dinosauri, elefanti in miniatura… Ci racconta che tutto è stato creato da volontari con l’hobby della falegnameria: sono loro che hanno anche ripulito e attrezzato il sentiero.

Il posto è un piccolo paradiso (e in effetti c’è anche una casupola che si chiama rifugio Paradiso)! È una baita naturista, mi sussurrerà più tardi una signora.

Ok, torniamo alla radura.

I belvedere

Poco dopo, sempre nella radura, stiamo osservando il buffo cartello travestito da elfo che indica il sentiero 444 che porta a Punta Corvo, quando vediamo una coppia seguire una traccia sulla sinistra (poco prima del cartello), senza indicazioni. Ma è una mania?

La seguiamo e scopriamo due bei punti panoramici a pochi metri l’uno dall’altro, attrezzati, manco a dirlo, da volontari. Ecco laggiù il bel lastrone dov’eravamo spaparanzati prima…

Proseguendo la discesa ci si ricollega al sentiero 444 e si raggiunge un trivio. Il 444 prosegue a destra verso Punta Corvo e Montemarcello, il sentiero a sinistra torna indietro ma con qualche punto esposto.

In mezzo, scende il sentiero per cui in teoria saremmo qui: quello che porta alle scogliere bianche e a Cala Marola, una spiaggia piccola, ma suggestiva (anche questa per naturisti?).

Il sentiero scende verticale e al pensiero della risalita ci coglie un attacco di pigrizia. Forse qualcuno di nostra conoscenza capirebbe (ciao Mariagrazia!)…

10.000 passi, addio!

Ci torneremo prossimamente con il fresco, ci diciamo. Ce ne ritorniamo alla radura, mentre Luciana tira fuori un’enorme focaccia dal suo zaino con un sospiro di sollievo…

….

Vai all’inizio passeggiata (google street view)

Coordinate: 44.0381588,9.9790762 (44°02’17.4″N 9°58’44.7″E)

Segnavia: 434 per la prima parte, poi nessuna indicazione

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